Ci sono giorni in cui, girando per lavoro, per le strade e nelle aziende in cui mi reco avverto una sensazione di “attesa”. Attesa che le cose migliorino, che comincino (o ricomincino) a girare. Una specie di tensione latente, una sensazione galleggiante nell’aria, presente in tutte le ore della giornata.
La mancanza di serenità è tangibile. La tranquillità inesistente. La fiducia introvabile.
Ieri sera, in un programma radiofonico era presente l’onorevole Fini che rispondeva alle domande degli ascoltatori. Con tono garbato, una persona ha espresso la propria opinione dicendo che i politici sono semplicemente troppo lontani dalla realtà delle persone comuni. Sono d’accordo con questo. Non c’è alcun legame tra chi ha raggiunto l’ambito traguardo della poltrona sotto il sedere e di chi continua a sudare sette camicie per sbarcare il lunario.
Non vorrei cadere su luoghi comuni dicendo che sono stupito di come certi ignoranti si trovano ad occupare posti decisivi per l’andamento di un Paese. Il nostro futuro è nelle mani di incapaci o, nel migliore dei casi, di gente che pensa prima di tutto al suo tornaconto personale.
Mi si potrebbe dire: “Hai un bel parlare, tu. Ma perché non ci provi tu a far politica?”
La mia pronta risposta sarebbe: “Non posso: io lavoro.”