
Veronica Guerin
Mi piace il cinema. Non ho molto tempo per dedicarmi alla visione di qualche bel film, ma quando posso cerco di vedere qualcosa che riesce a darmi un’emozione, a tracciare un segno nella mia memoria, ad aumentare la mia conoscenza.
In queste serate di agosto, nelle quali ci si concede qualche svago in più rispetto il resto dell’anno, nel pieno della notte mi piace immergermi in qualche bel film da gustare senza alcun disturbo.
Se un film mi è piaciuto lo si capisce da alcuni segni inequivocabili. Il più evidente di questi è il fatto che io rimanga, attento ed immobile, a veder scorrere i titoli di coda fino all’ultimo fotogramma.
Io credo che i titoli di coda servano proprio a questo: a propiziare un momento di riflessione sul film appena visto. A tal proposito ho una mia teoria: i titoli di coda hanno un peso e un valore molto diverso a seconda che siano di un film mediocre o che si tratti di un grande film. Credo che i titoli di un film mediocre siano destinati all’indifferenza generale.
Di recente, il film che mi ha tenuto incollato alla visione fino all’ultimo fotogramma dei titoli di coda è stato “Veronica Guerin”. Confesso che non la conoscevo. Prima di questo film non sapevo chi fosse e il fatto che la vicenda narrata sia ispirata a fatti realmente accaduti dà una spinta in più a tutto quanto.
È la storia di una giornalista irlandese che, semplicemente, si è schierata dalla parte del bene.
È schematico e semplicistico. La grande distinzione emerge in ogni cosa: bene o male.
Non voglio raccontare la trama del film, ma piuttosto agganciarmi al discorso dei titoli di coda per raccontare di come, periodicamente, la nostra azienda sia contattata dai responsabili delle scenografie delle grandi produzioni televisive per la fornitura in comodato d’uso gratuito di un certo numero di mobili per allestire gli ambienti di ripresa.
Nonostante in più di un'occasione una punta d’orgoglio abbia fatto vacillare le mie convinzioni, non ho mai concluso alcun accordo con queste organizzazioni ritenendo iniqua la contropartita: in pratica, a fronte di un affitto dei mobili per alcuni mesi venivano concesse, a mo' di pagamento, alcune foto tratte dalle riprese nelle quali sono visibili i mobili insieme agli attori protagonisti più una fugace apparizione sui già citati titoli di coda (il più delle volte sfumati sia su Rai che reti Mediaset).
Dite la verità; quante volte qualcuno di noi resta impressionato dal fatto di leggere sui titoli di coda che i mobili che appaiono in scena sono forniti dalla ditta tal dei tali?
Altre condizioni: trasporto di andata e ritorno a nostro carico (pure).
Non voglio sindacare sull'uso dei budget a disposizione di queste società, ma, sinceramente credo sia passato il tempo in cui certe decisioni aziendali venivano prese per la gloria o per l’orgoglio.
Con buona pace di chi non vedrà i mobili Arteferretto su “Un medico in famiglia stagione 42” o “Un posto al sole stagione 75”