Il nostro è un piccolo paese di campagna. La maggior parte delle persone si conosce da molti anni. Tutti gli avvenimenti di una certa importanza, che si tratti di gioie o dolori, sono piccoli tasselli del mosaico della storia della comunità paesana.
Mi capita spesso di incrociare per le vie del paese Federico, una persona molto mite alla quale tutti vogliono bene. Al tempo stesso, però, a lui non si fa quasi più caso.
Federico ha superato da poco i 50 anni e da adolescente è stato colpito da una malattia che lo ha costretto su una sedia a rotelle. Gira per le strade del paese con una speciale bicicletta a tre ruote con la quale trasporta su un cestino e una gabbietta due inseparabili amici: un cagnolino e un pappagallo.
Incontrandolo si riceve sempre un saluto ed un sorriso. Federico riesce a trasferire una sensazione di serenità e cordialità ormai divenuta merce rara.
E basta un attimo per far affiorare domande scomode sul nostro modo comune di concepire la vita di tutti i giorni. Noi che abbiamo sempre fretta e ci lamentiamo di qualsiasi cosa…
Noi, padroni della nostra vita “normale”!
Ma è normale essere incapaci di fermarsi un momento ad “osservare”, “ascoltare”, “ringraziare”?
Qual è la 'giusta' normalità?
(Federico è una persona reale anche se il nome è di fantasia)
Cinzia