18/10/2018
Era freddo. La primavera non era ancora esplosa e il mare, spesso, aveva un colore grigiastro.
Non ero contento di fare il militare: mi sembrava di subire il furto di un anno di vita da parte dello Stato. Perché? Perché? Io avevo tante altre cose da fare che buttare un anno a fare il soldatino per i giochi di guerra di certi militari in carriera.
Buttare “un anno di vita appoggiato a un fucile di guardia a un cortile”…
Spesso, la sera, era l’unica occasione per stare in compagnia di me stesso.
E, dopo una giornata a consumare le suole degli anfibi in insulse marce urlando a squarciagola frasi idiote, era bello sedersi su uno scoglio, appena giù dalla diga con in faccia il mare.
L’orizzonte che si confonde nell’oscurità: la condizione migliore per scavare dentro se stessi.
Ecco: quelli erano i momenti più intensi di quel periodo della mia vita.
Chiedetemi delle guardie in piena notte, delle simulazioni d’assalto, delle esercitazioni al poligono… niente era paragonabile all’unicità di quei momenti su uno scoglio di fronte al mare.
Probabilmente queste reminiscenze mi hanno permesso di cogliere questa foto, durante una passeggiata autunnale lungo le rive del lago di Garda.
Un perfetto quadro, incorniciato da due alberi, al centro una panchina e due anziane signore.
Un marciapiede che fino a poche settimane prima era chiassosamente affollato da turisti, cani al guinzaglio, varie specie di uccelli a contendersi abbondanti quantità di briciole…
La stagione dell’estate come una stagione della vita: frenetica, affollata, chiassosa, scanzonata, spensierata, gioiosa…
La stagione autunnale come una stagione della vita fatta di solitudine, lentezza, silenzi, tristezza, malinconia… e riflessione.
Ultimamente, un mio pensiero molto frequente è quanto sia andata scomparendo l’abitudine alla riflessione.