La primavera è arrivata, incurante delle insignificanti aspirazioni di onnipotenza umane.
La bellezza della natura si contrappone alle brutture che solo l’uomo riesce a concepire.
Mi ritrovo a pensare che in qualche parte del mondo c’è chi è privato del semplice piacere di ammirare un prato fiorito (perché l’erba è bruciata dalle bombe) o del delicato profumo degli alberi in fiore (perché l’odore di bruciato copre tutto e alberi in piedi ne sono rimasti pochi).
Il manifestarsi della natura dovrebbe essere un dono per tutti, ma non è così.
Mi trovo ad assaporare una bella giornata di sole, l’aria cristallina del mattino, i colori incredibili di un’alba… è una gran bella sensazione di benessere.
Ma subito il pensiero corre a chi guarda ad un’alba di sole sotto tutto un altro aspetto.
E allora, in queste cose semplici, quando sto bene, sto male.
La mia mente corre su pensieri semplici, scontati. Ma proprio per questo, lo sconforto è grande.
Come ci si può arrogare il diritto di togliere questi elementari diritti a dei propri simili? In nome di cosa? Per arrivare a cosa?
Già, io non lo posso capire. Sono cose più grandi di me.
Sto bene, ma sto male per chi non può star bene, come sarebbe giusto.
Quanto sono importanti le cose banali quando mancano.
Quanto può essere preziosa la normalità?
E penso ai bambini.
Penso che sia il più grave delitto togliere ai piccoli il loro diritto di essere bambini.
Appartengo ad una generazione cresciuta con banali, buoni sentimenti. La colonna sonora della mia vita è stata la musica di Morricone e le canzoni dei Pooh.
Banale? Può darsi. Ma, come ho detto, sono una persona semplice.
Magari, chi reputa i Pooh banali non ha mai ascoltato una canzone che mi viene in mente ogni volta che penso a tutti i bambini ucraini i cui padri sono rimasti a combattere nella propria terra.
Magari, ascoltatela. È una lettera scritta idealmente da un bambino al proprio giovane papà, che forse non conoscerà mai, impegnato in guerra.
Il titolo è “Padre a vent’anni” e il testo è questo
Steso a terra in un prato d'erba bruciata
Armato e mimetizzato tu ascolti il vento.
Nella guerra straniera di qualcun'altro
tu tieni lontani i buoni dai cattivi.
Senti me, sono il tuo bambino,
Son troppo piccolo e ti telefono col pensiero.
Dopo dormirò e ti sognerò.
Sono nato che tu eri partito da poco
e forse ti ho visto in qualche telegiornale.
Non so ancora parlare e rotolo ancora
torna, così mi insegni tu a camminare.
Poi mi devi spiegare come si tiene stretto un gelato
mentre si sta sciogliendo.
So quanti anni hai, venti più di me.
Che cosa è il mare, devi spiegarmelo tu.
Devi tornare, fai come i gatti stai giù.
Fra gli aeroplani, il più veloce qual è?
Le ragazze come funzionano?
Mamma sorride e dice: lui lo sa.
Ma come fanno i bambini a ridere ancora
dove la guerra rompe le case e il sole?
Forse un giorno potresti spiegarmelo bene
non come la tv ma, con le tue parole.
E perché tutti parlan di pace, e più ne parlano
più la pace non arriva mai;
Questo e anche di più, devi dirmi tu.
E quando è sera, pensa ai sapori di qua.
Con l'avventura da esagerare nei bar.
Giù nel giardino c'è la tua moto da cross.
Tante foto che non ci bastano.
Fa il tuo lavoro bene, ma stai giù.
E perché tutti parlan di pace, e più ne parlano
più la pace non arriva mai;
Questo e anche di più, devi dirmi tu.
Poi, qualcuno dirà:
ma cosa c’entra tutto questo con un blog di un negozio di arredamento?
Forse nulla. Ma dietro alle pagine di questo negozio online ci sono delle persone, con sentimenti comuni a chi, come me, è turbato dagli avvenimenti attuali.
E ho voluto prendermi questo piccolo spazio per esternare un sentimento, anche con l’aiuto di una vecchia, ma purtroppo attuale, canzone dei miei amati Pooh.